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PIZZAIOLI: Intervista a Stefano Callegari

Mi sono sempre messo nei panni del cliente. Nei miei locali ho sempre realizzato ciò che mi sarebbe piaciuto mangiare se fossi stato dall'altra parte”.

Stefano Callegari


Stefano Callegari, testaccino de Roma, ex assistente di volo, diventato uno dei pizzaioli più innovatori dell'ultimo decennio. Sforno, 00100, Tonda e Sbanco rappresentano la sua filosofia di “pizzificazione”, sono le sue creature trasformate da pizzerie di quartiere in pizzerie tra le più in voga a Roma. Lo abbiamo intervistato per voi.


Come nasce la tua passione per la pizza ?

Da ragazzo c'era un fornaio vicino casa, nel quartiere Prati, a Roma, che faceva il pane molto bene ed io lì compravo l'impasto del pane per fare le pizze con gli amici e mi rendevo conto che venivano buonissime, meglio di quelle che mangiavo in pizzeria. Poi, il caso ha voluto che io lavorassi anche per un breve periodo in questo forno anche se nel ruolo di garzone, stavo alla vendita oppure portavo con la bicicletta il pane o la pizza ai clienti. Mi piaceva dialogare molto con il fornaio, il quale mi svelava i trucchi del suo impasto. Mi ha sempre interessato affinare le metodologie per la preparazione dell'impasto e mi ha sempre affascinato la pizza nella sua forma, per me è come guardare un'opera d'arte con la sua cornice (o meglio cornicione).


Sei romano de Roma, precisamente di Testaccio. Quanta romanità c'è nella tua filosofia di pizza ?

I romani hanno l'abitudine di mangiare la pizza a metà mattinata e durante tutte le ore del giorno ma preferiscono la pizza bianca, la focaccia, quella che fanno i fornai e che poi viene farcita. Noi facciamo proprio questo di tipicamente romano. La romanità si trova anche negli ingredienti utilizzati per farcire le pizze; il mio cavallo di battaglia è la pizza cacio e pepe, ma abbiamo anche la carbonara, la amatriciana. A parte gli ingredienti, la romanità si trova nella croccantezza e nella friabilità dell'impasto, a mio avviso una nota di merito.


Prima Sforno, poi 00100 e Tonda, ora Sbanco. Cosa ti ha portato a ideare questi 3 concept e cosa li accomuna ?

I vari concept nascono da una naturale evoluzione della golosità. Io ragiono da cliente, quello che mi piace mangiare mi piace fare. Dopo aver aperto Sforno mi è venuto in mente di aprire una pizzeria al taglio, la 00100, dove prepariamo la pizza bianca farcita ed il trapizzino. Poi con Sbanco abbiamo unito le forze con il mondo della birra artigianale e siamo tornati a fare locale con la cena serale.


Come nasce l'idea del trapizzino ?

Nasce dall'idea di voler creare un prodotto che potesse “raccogliere” e contenere dei piatti tipici romani all'interno di una pizza. Ho inventato un impasto più soffice con una mollica leggerissima e creato una tasca dove inserire i vari sughi. La sua forma è quella tipica del tramezzino.


Come riesci a gestire il rapporto tra tradizione, aggiornamento ed innovazione nel tuo lavoro ?

La pizza è una materia anarchica, indecifrabile, ognuno la fa come gli pare, è difficile da inquadrare teoricamente ed è in continua evoluzione. Tendo a rispettare la tradizione nei condimenti che utilizzo, specialmente nel trapizzino.


Il tuo segreto per un impasto perfetto.

Uno dei miei slogan è: “l'impasto non è una ricetta”. Per preparare un ottimo impasto non necessitano solo gli ingredienti e le giuste dosi. E' importante come li inserisci, dove lo fai riposare, la temperatura, il dosaggio di sale. Comunque se proprio dovessi parlare di un segreto, citerei sicuramente il lievito naturale che io utilizzo da vent'anni, mi è stato donato ed ora ha circa 200 anni, utilizzato da 11 generazioni di panificatori.


Un aneddoto della tua infanzia legato alla pizza.

La buonissima pizza bianca che compravo dal fornaio sotto casa quando ero uno scolaretto. Mi portavo anche le rosette sul comodino la sera prima di andare a dormire (questo lo ricorda mia madre).


Quanto conta per te il concetto di territorialità e quanto la cucina tradizionale influisce sulle tue creazioni ?

Il territorio è molto importante. Noi spesso non ci rendiamo conto di avere sotto casa dei tesori nascosti e silenziosi che ci aspettano. Mi diverto ad utilizzare i piatti della cucina tradizionale romana per riadattarli in varie situazioni. Nelle mie creazioni voglio rendere attuale il concetto di “tradizione”. Guanciale, pecorino, carciofi non mancano mai nella mia dispensa.


Da assistente di volo sei tornato alle tue origini, seguendo la tua favola. Quale consiglio di senti di dare ai giovani che vogliono diventare pizzaioli ?

Il consiglio che darei è quello di non sentirsi mai arrivato, di non accontentarsi di un semplice “bravo”.